mercoledì 3 settembre 2014

10 cose che noi Italiani ci dimentichiamo di saper fare



In un mondo che ci impone la globalizzazione (ci impone, poichè è l'Italia a doversi adeguare alle mode del momento) ci dimentichiamo troppo spesso di quali caratteristiche l'Italia abbia.

1. L'Italia sa ricercare la Bellezza.

Quanto spesso ci dimentichiamo che l'Italia è una grande bellezza anche dal punto di vista estetico? Mentre ci facciamo globalizzare ed invadere da diete ipercaloriche di stampo americano - e dalle consecutive e disastrose diete - ci dimentichiamo che la dieta mediterranea ci assicura il quarto posto per aspettativa di vita al mondo (per i più scettici vedere qui).
I canoni della bellezza italica sono molto simili a quelli della grecia classica, pattern facciale ancora a lungo nei trend della chirurgia estetica mondiale.

2. L'Italia sa mangiare bene (e con gusto!).

Se ci dimentichiamo spesso di essere "belli" ancora più spesso ci dimentichiamo di saper mangiare bene. Accecati dalla frustrazione ci accontentiamo spesso di all you can eat di scarsa qualità, sappiamo cucinare dei notevoli noodles ma non saremmo in grado di fare una discreta pasta della pizza.
Eppure la cucina italiana è stata da sempre invidiata, e forse proprio per questo motivo "sotterrata" dalle globali mode del momento.
Nessuno vorrebbe un italiano - o una italiana - che non sappia cucinare, o no?
Quindi viva la dieta mediterranea e il gusto che il mondo ci invidia!


3. L'Italia profuma di Storia e Archeologia.

L'Italia è come la Grecia: è tanto facile scorgere tali bellezze che ormai non ci curiamo nemmeno più che esistano. L'Italia vive nella fantasia dei popoli esteri come un luogo "piccolo" ma trasudante cultura e storia da tutti i pori. Non esiste città, in Italia, che non vanti una origine millenaria e che non ne porti in qualche modo degli orgogliosi resti.
L'Italia è tanto abituata alla storia che non se ne cura nemmeno quando la trova passeggiando per le vie del centro di Milano. Tuttavia, quando un Italiano viaggia in molte altre parti dell'estero, in città dalle radici meno mantenute - come ad esempio Oslo -, è chiara e soffocante l'assenza di storia e di provenienza culturale.

4. L'Italia sa usare la Simpatia, è cafone al punto giusto.

Il pregiudizio estero (e italiano) verso l'Italiano stesso rientra spesso nell'aggettivo "cafone". L'Italiano trascina le ciabatte verso il mare, parla a voce alta, ride sguaiatamente e mangia come se fosse il piacere più alto della lussuria. L'Italiano fa la scarpetta nel piatto, ci prova con donne al di sopra delle proprie possibilità, crede sempre di avere l'idea che cambierà il mondo. Siamo sicuri che attualmente l'italiano medio possa definirsi cafone? Forse un tempo sì, quando lo stereotipo dilagante voleva un gentleman dalle fattezze inglesi, intento a bere il the delle 5 senza risucchio.
Attualmente lo scettro del cafone appartiene, ahimè, ai tanto "poco simpatici" turisti inglesi, olandesi e tedeschi che si divertono a soggiornare sui nostri monumenti addormentandosi, emettendo rumori corporei e sputacchiando un mix letale di alcool e grasse patatine da 50 centesimi.
Gli Italiani sono ormai così troppo cortesi che si vergognano di dire loro che il porcile di Nonno Ubaldo era più aggraziato di quegli ammassi di corpi senza ordine.
L'Italiano sa usare la simpatia, in qualsiasi cosa esso faccia. Noi Italiani abbiamo una capacità di variare tra ironia, satira e umorismo vero e proprio, tanto che la letteratura goliardica vanta origini italiane. L'Italiano spesso tende ad odiare i suoi compatrioti perchè li ritiene responsabili degli scempi che vede per strada dimenticandosi che ormai il gentlemen vero è più vicino allo stereotipo italiano che a quello inglese.


5. L'Italia è la culla della Letteratura.

Serve dire ben poco a riguardo, anche se il dilagare di alcune letterature secondarie ha messo in crisi il settore dei libri intelligenti. Tuttavia, l'Italiano sa leggere e ama farlo. Che si tratti del compendio o di 50 sfumature di grigio, l'Italiano legge. Il successo della catena di libri a 0.99 centesimi ne è la prova: l'Italiano ha solo bisogno di trovare un buon rapporto qualità/prezzo.








6. L'Italia è e sa fare Arte.

L'Italia è stata la culla forse del maggior numero di artisti esistenti sull'intero pianeta. L'Italia vanta un numero inimmaginabile di opere d'arte, spesso nascoste nelle case perchè dipinte proprio da nonni, zii, parenti.
L'Italia è abituata al bello e lo sa riconoscere, spesso senza nemmeno accorgersene.
I campi artistici italiani vantano tutt'ora dei bravissimi critici d'arte, dei notevoli curatori, dei grandi artisti.






7. L'Italia è e sa fare Scienza.


L'Italia, a partire da Leonardo da Vinci sino ad arrivare a grandi menti di questi anni non ha nulla da invidiare all'estero se non un maggiore investimento nella ricerca da parte dello stato.









8. L'Italia è Trascendenza.

 Se l'Italia è patria di scienza, è a sua volta patria di trascendenza, religione, misticismo.
L'Italia è terra di profeti, santi ed eroi ed è per questo che non trascura le sue origini e la ricerca di una profondità interiore non solo in ciò che può essere conosciuto, ma anche oltre, alla ricerca di un senso e una trascendenza superiore




9. L'Italia sa convivere con l'Eclettismo del suo popolo.

 L'Italia ha sempre convissuto sotto una duplice emozione: la felicità di riprendere possesso di una Italia in quanto tale, come fu per l'impero romano e l'infelicità di popoli ormai troppo diversi e culturalmente opposti. L'Italia ha però imparato a convivere nel rispetto, portando feste popolari meridionali al nord e tradizioni nordiche al sud, generando un miscuglio eclettico fino ad ora sempre e comunque ben radicato alla propria regione di origine, ed è questo il bello dell'Italia.




10. L'Italia è Tradizione.

Ed ecco la parte più bella dell'Italia: le sue immense tradizioni. I modi di dire, i proverbi, le storie sono diffuse in tutta Italia come a tessere i ricordi di ciò che fu un grande stato e vide numerose guerre.
Le tradizioni Italiane sono state candidate ad entrare nel patrimonio Unesco, ed è per questo che è importante che i giovani vogliano approfondire le tradizioni della propria regione di appartenenza, in modo da non perdere tutto questo.
I dialetti, così come le tradizioni culinarie, le feste di paese e così via sono tesori invidiati dal mondo intero, che l'Italia non deve rischiare di perdere.

L'Italia coi complessi di inferiorità

La comprensione non ha senso senza la conoscenza.

Per comprendere meglio una cultura che, ahimè, per ora non posso ancora visitare "senza rischi" ho deciso di dedicare i miei soldi all'acquisto di un libro sul Medio Oriente dell'età aurea.
Robert Byron, La via per l'Oxiana.
Cosciente in realtà di ben poche informazioni a riguardo, e guidata da una introduzione di un estasiato Chatwin, mi lascio trasportare in una realtà ed un'epoca differente.
Cosa è successo a quel Medio Oriente?



La lettura scorre piacevole, forse per la mia somiglianza caratteriale con quel tale "Byron", sopportato da pochi e tanto critico con l'estero quanto con la stessa madre patria.
Per chi vorrebbe saperne di più, la via per L'Oxiana è un diario di viaggio che Byron ha composto in occasione del suo viaggio nel 1930 nell'Asia Centrale, quando i viaggi erano pur sempre rischiosi ma più per i mezzi a disposizione che per tutto il resto.

Durante la lettura sorge spontaneo un paragone con l'Italia attuale, un paragone che ha un che più di cuorisità che di critica.
Vi riporto innanzitutto il passo che per primo ha fatto sorgere in me una profonda immedesimazione:

"Gli Afghani si aspettano che sia l'europeo ad adattarsi alle loro regole, invece che loro alle sue, una realtà di cui mi sono reso conto questa mattina quando ho cercato di comprare dell'araq: non c'è una goccia d'alcol da comprare nell'intera città. Questa finalmente è l'Asia senza complessi di inferiorità."


Il Medio Oriente descritto da Byron è un prospetto in grado di farci comprendere quale sia il background culturale privo delle attuali interposizioni di Russia e Stati Uniti, descritto da un Inglese che della sua patria ha amato prevalentemente Whiskey e Seltz.
Più volte Byron profetizza ciò che poi la quotidianità attuale ci renderà tristemente noto, come la guerra tra Palestinesi ed Ebrei, l'instaurazione di un governo Sciita rivolto all'odio verso l'ateismo e l'idolatria e così via.
Ma nella frase sopra citata vi è una vena ancora più spaventosa e silenziosa di ciò che avverrà.
Mentre gli Afghani, a detta "dell'occidente", sono "indietro" nello sviluppo industriale per una scelta più propria che di circostanza, gli stessi Afghani capirono già nel lontano 1930 quanto effettivamente fosse rischioso perdere le proprie radici ed il proprio credo nella terra a loro appartenuta.
Il paragone con l'Italia sorge come un fulmine a ciel sereno, denso delle preoccupazioni che tale affermazione porta con sè.
Cosa diavolo sta facendo l'Italia?
Mentre nel 1930 fu la Persia (attuale Iran) a cedere alle occidentalizzazioni, attuando una politica laica e profondamente irrispettosa nei confronti della cultura che fu, tanto da essere poi invasa e "fatta a pezzi" da Inglesi e Americani. Cosa portò tutto questo? Portò ad un temporaneo esilio dello scià e ad una militarizzazione dei rivoltosi che tentarono di scacciare l'invasore. Nel tentativo di occidentalizzare a forza la Persia, si ebbe una instaurazione di gruppi estremisti che fecero della rabbia e del risentimento verso il saccheggio morale del proprio paese la compagnia di bandiera.

Tralasiando giudizi di qualsivoglia fazione sulla storia della Persia, il rischio è tuttavia concreto quando si parla di Italia.
L'Italia sta giungendo ad un punto di saturazione innaturale, per complessi di inferiorità si paragona al resto d'Europa, all'America, all'Asia estrema pur di ottenere una pacca sulla spalla e una medaglietta degli scout. Cosa stai facendo, Italia?
All'Italia viene imposta una accoglienza forzata che sta rendendo il paese più accogliente e caloroso del mondo un'arido lembo egoista. D'altronde che non si dica che è colpa della gente, se manca il cibo l'egoismo diventa una regola di sopravvivenza.
Nessuno reagisce più alle nostre regole, la vita è diventata un inferno per l'incapacità delle forze pubbliche di imporre all'Europa - ormai paragonabile all'ombra Americana sulla Persia - le proprie regole ed i propri dettati. Si vuole imporre uno stato laico di forza che non solo non è laico ma impone l'idolatria del consumo e del buonismo, e si sradica qualunque tradizione o caratteristica tipica dell'Italia.

La comprensione di un fenomeno di questo tipo è da ricondursi al desiderio profondo dell'Italiano medio: piacere a tutti.
Ecco l'Italia che si sforza di dire più parole in inglese che in italiano, che cucina un perfetto pollo alle mandorle e scuoce la pasta, che dice ad Hitler di essere un pò tedesco e dice all'Africa di aver sempre valorizzato il nero. L'Italia che ha paura di dire stronzo ad una etnia diversa per non sembrar razzista e che apre la porta a chiunque tranne ai propri anziani perchè ha paura che il proprio vero razzismo esca in superficie.

Ci stiamo dimenticando che l'invidia dell'Europa per l'Italia è reale, ed è per questo che ci distrugge.
(vedi articolo: 10 cose che noi Italiani ci dimentichiamo di saper fare)
L'unica nota positiva che vedo, in tutto questo, è che una cosa stanno riuscendo a farcela vivere meglio: l'Italiano ora sta male, da nord a sud.
Ed è per questo che le tradizioni del nord diventano più simpatiche al Meridione e viceversa, le persone sono sempre più disposte ad aiutarsi perchè lo stato non aiuta, e si dimentica dei suoi stessi abitanti. Questo è il positivo, abbiamo bisogno di sentirci Italiani.
Abbiamo bisogno di sentirci uniti, di sentire la nostra bella lingua, di sentirci a casa nostra.

mercoledì 16 aprile 2014

Pasquetta: 4 curiosità sulla tradizionale grigliata!

Natale con i tuoi, Pasquetta con chi vuoi.

La Pasquetta, si sa, è da sempre la festa per eccellenza da passare con amici e buon cibo.

Ma qualcuno si è mai chiesto quale fosse realmente il significato del lunedì dell'Angelo?
Se venerdì è il giorno della morte, e la Pasqua (domenica) il giorno della resurrezione.. perchè il lunedì è detto "dell'angelo"?
L'origine di questa festa in termine istituzionale non è molto lontano da noi: la festa fu introdotta nella prima repubblica in modo da poter festeggiare la religiosa e felice Pasqua di domenica senza avere ansie riguardanti il giorno successivo (e lavorativo).
La realtà riguardante il cibo, però, potrebbe essere molto lontana e allo stesso tempo non così "facile" da scovare.

Inizialmente si diffuse la famosa quanto semplice tradizione che il pranzo di pasquetta fosse un po' come un pranzo fatto dai discepoli di Emmaus, ma la realtà è diversa, e il significato pure.
Iniziamo quindi a rispondere a delle semplici domande:


1. E' tradizione mangiare l'agnello a Pasqua e Pasquetta?



In realtà, no. A meno che non siate di origine Ebraica, e ciò ha un altro significato. Ma per i cristiani mangiare l'agnello non è tradizione e men che meno è un obbligo. Con l'avvento del Nuovo Testamento e del sacrificio di gesù, il sacrificio dell'agnello si rivela inutile e sostituibile con "pane e vino", simbolo del sangue e del corpo di Cristo, Agnello in via metaforica.
Questa cosa, ovviamente, funziona anche con il capretto.



Tolto questo dubbio sul cibo da consumarsi, ripercorriamo le azioni tipiche del giorno di Pasquetta:

2. La gita fuori porta 



La gita lontani da casa, sotto forma di pic nic o grigliata in località attrezzate, è niente di meno che la trasposizione dei discepoli di Emmaus a cui appare Gesù risorto.
La pasquetta è un giorno felice, all'aria aperta.
Ma questa tradizione la si può ritrovare ancora prima della Pasqua vera e propria: la resurrezione di Tammuz.
Tammuz, il cui simbolo è il Tau (!), fu un dio onorato ancora dai vecchi profeti, di cui parla persino Ezechiele. La sua morte coincide con l'arrivo delle stragioni fredde, mentre la sua resurrezione coincide con la primavera inoltrata, periodo in cui, guardacaso, cade anche la Pasqua.
Dando un'occhiata alla diffusione della celebrazione di pasquetta, potremo osservare una diffusione "particolare", che copre Australia, Europa, Nord America e Sud Africa.
Cosa hanno in comune queste regioni? Il cristianesimo? Nossignore, il Cristianesimo è diffuso largamente anche in altre zone. La risposta è: l'influenza Anglosassone. 
Le tradizioni pasquali possono tranquillamente, almeno in parte, derivare da Eostre, la dea Germanico-Celtica della primavera il cui simbolo è.. la lepre!
Una variante strana e decisamente macabra la possiamo trovare in Russia.
In Russia è tradizione andare a mangiare, il giorno dopo la pasqua ortodossa, in mezzo alle tombe. In tal modo si genera un connubio tra felicità dei vivi e serenità dei morti.

3. Le cibarie a base di Uova



Un esempio classico è la ormai famosissima torta pasqualina, a base di spinaci, ricotta e caratteristiche uova intere.
Ma cosa simboleggiano le uova? perchè sono così importanti?
Le uova sono un simbolo di fertilità e buon auspicio, tanto che persino in Bulgaria e negli altri paesi dell'Est vengono letteralmente divinizzate nel periodo pasquale: colorate, regalate, appese e mangiate.
Anche la simbologia dell'uovo deriva da Tannuz e Ishtar, soprattutto da quest'ultima che si crede essere uscita, per l'appunto, da un uovo.

4. La ricca grigliata



Partiamo dal presupposto che la chiesa considera peccato mangiare carne rossa il venerdì santo.
La tradizione della grigliata di pasquetta, vista dal punto di vista prettamente cattolico, può simboleggiare il ritorno della felicità e quindi anche della sazietà.
Dal venerdì alla domenica di Pasqua è infatti "peccato" mangiare in modo eccessivo, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.


giovedì 20 marzo 2014

Coniugare la tradizione alla modernità per potenziare le proprie risorse cognitive

Ecco forse il primo post che mi trovo a scrivere con una logica più attinente al mio studio e alla mia preparazione.
Definirne il "perchè" è tutto sommato semplice, e la risposta può ritrovarsi in un semplice verbo: viaggiare.

Tempo fa lessi un libro riguardante la multiculturalità e mi interessò la questione delle life skills in soggetti "multiculturali".
Le life skills sono innanzitutto delle capacità intrinseche della persona che possono essere sviluppate o meno nel corso della vita. Tali skills, nella multiculturalità, consentono all'individuo di gestire la propria esperienza di vita in maniera più completa, grazie ad una maggiore creatività e flessibilità cognitiva.

Accade quindi che in soggetti nati in un contesto multiculturale (che sia anche solo una famiglia appartenente a diverse etnie o la permanenza in un luogo tale) tali skills siano la chiave di volta per ottenere una capacità di adattamento e di pensiero sopra alla media.

Cosa accade, però, se abbattiamo le frontiere culturali?
La multiculturalità trova la sua forza nel comprendere ed evidenziare le differenze culturali tra diverse etnie, unendole pur conservando gelosamente il loro nucleo originario.
Eliminando la frontiera culturale che distingue due tradizioni, due realtà distinte, avviene la morte di essa stessa con il conseguente disorientamento della comunità che ne fa parte.

Ecco quindi che il modo migliore per trasmettere e  comprendere le tradizioni è accettarne le differenze. Non siamo "tutti uguali" perchè ridurre ogni cultura ad un misero pattern di comportamenti significherebbe "eliminarla".
Solo accettandone le differenze nel proprio contesto si è in grado di capirne il valore e le motivazioni.
Decontestualizzare una cultura, pretendere che altre culture si mischino in modalità forzate e non naturali fa nascere contesti di intolleranza e di incomprensione, nonchè di privazione totale delle proprie "radici".