Ma da dove arrivano questi festeggiamenti? qualche volta dedicati ai Santi, in realtà nascondono una radice ben più profonda.
Tralasciando le feste che da sempre hanno suscitato opinioni controverse a causa della scelta del giorno di svolgimento (Basti pensare al Natale, festeggiato il 25 Dicembre nel giorno di festeggiamento pagano di Mitra e del Sole Invitto), molte sono le feste che suscitano dubbi sulla reale origine religiosa.
In questo primo post dedicato alle feste tipiche, parleremo della Gioeubia.
Foto tratta da VareseNews, Gioeubia di Lonate Pozzolo, S. Antonino. |
Una di queste strane feste è chiaramente la Gioeubia. Chiamata anche Giubbiana, Giöbia o Giubiana, rappresenta una vecchia, una strega maligna che viene posta -sotto forma di pupazzo- su un grande mucchio di sterpaglie, e alla quale viene dato fuoco nell'ultima domenica di Gennaio.
E' una festa ormai consolidata nelle zone di Varese/Valle Olona, anche se viene festeggiata anche in altre province come Como, e viene vissuta proprio come una celebrazione di orgoglio cittadino. I ragazzi mangiano tranquilli i piatti degli alpini, in alcuni casi ci si gusta anche un bicchiere di buon Vin Bruleè ma le domande, ahimè, non sorgono spontanee.
In lontananza, un grande fuoco divora una figura di donna anziana legata a ceppi ed erbacce.
Ma da dove nasce questa tradizione?
Trovare spiegazioni oggettivamente pagane a questa tradizione, senza incappare negli "invasati" di magia e usanze celtiche/wiccane, è realmente un'impresa.. ma noi ci proveremo.
La Gioeubia nel Druidismo
Festa Druidica a Stonehenge, un gruppo di druidichiamati "The King's Drummer" accompagnano questa figura intorno alla pietra della "carneficina", accompagnata da vigorosi colpi di tamburo. Photograph © Andrew Dunn, 21 June 2005. |
Usi e costumi del druidismo Gallico, sebbene non proprio spiegato a dovere da Cesare, possono essere riscontrati nel De Bello Gallico.
La zona Insubre, all'inizio del IV secolo a.C. vide l'invasione dei Celti provenienti dalla Gallia e dalla Boemia.
E' probabilmente grazie a loro che le nostre zone hanno assunto questa tipologia di rappresentazioni tipicamente celtiche.
Inoltre *piccola curiosità* alcune forme (ovviamente minime) di "inglese" Gaelico possono essere ricondotte ad alcune forme colloquiali di dialetto Insubre.
Detto ciò, il fantoccio rappresentava inizialmente l'inverno, che attraverso il calore veniva scacciato via dando così il via alle prime coltivazioni e alle prime battute di caccia (fine del letargo animale).
La Gioeubia nel Cristianesimo
Una seconda tradizione vuole la Gioeubia come una figura pagana (dea) bruciata dai primi sacerdoti Cristiani. L'origine tipicamente medievale, però, la vuole come rappresentazione della lotta alle streghe pagane: il termine Giobbia potrebbe essere stato derivato da Giovedì, giornata dedicata a Giove e ricondotta nella letteratura inquisitoria al giorno della riunione per il "Sabba".
La componente più "pagana", però, non fu persa: il significato di "strega invernale" è stato mantenuto per diverso tempo, come significato metaforico del passaggio ad una nuova stagione, nonchè alle giornate più lunghe.
Bruciando quindi "la vecchia annata" si bruciavano i residui di negatività, per poter iniziare un nuovo e -si spera- più proficuo anno.
Il significato Psicosociale della Gioeubia
Foto tratta da VareseNews, Polentata presso la festa della Gioeubia di Busto Arsizio. |
Tempo addietro, la festa della Goieubia era alla stregua di un rituale sciamanico: invocando il tempo mite e un buon raccolto, si girava per tre volte intorno al fantoccio in fiamme, e tutto ciò sarebbe stato di buon auspicio.
La settimana prima della sua accensione, i bambini del paese portavano nella piazza le sterpaglie e i cenci rotti per costruire la gioeubia: venivano accompagnati dai genitori e suonavano un campanaccio per evitare che lo spirito della "vecchia"si avvicinasse ad essi.
Non sembra dannatamente simile alla storia del Babau? BaBau, Uomo nero, Boogeyman o che dir si voglia. Un campanaccio per tenere lontano la negatività, il fuoco per poi distruggerla.
La parte più dolce e "tradizionalista" è caratterizzada dai per-lo-più bambini - oltre a qualche tenero attempato - che buttano tra le sterpaglie i bigliettini con tutte le cose brutte successe.
La vecchia sarà bruciata, e con lei anche tutte le cattiverie e le negatività.
Ricordo con piacere le mie Gioeubie da bambina. In realtà non capivo cosa dovessi buttare nel fuoco, e presto il mio comune non diede più disposizioni per fare il falò, ma ricordo che mi piaceva moltissimo andare di notte a vedere un grande fuoco.
Era un giorno diverso, un giorno di festa alla fine di un lungo inverno.
Con grande felicità, quest'anno il comune a fianco ha indetto una grande gioeubia tradizionale, con tanto di Alpini e Polentata. L'affluenza è stata fortissima. I sorrisi della gente presente, pure.
Perchè una rivalutazione attuale della Gioeubia, quindi?
La gioeubia è stata in questi anni "tolta" da molte cittadine della provincia a causa di un tentato rinnovamento, o addirittura - in alcuni casi - per le proprietà tossiche del tessuto sintetico bruciato (ma facilmente sostituibile con cartacce non plastificate o foglie).
In realtà, nel corso del 2013, molti sono i comuni che hanno riabilitato questo evento, con un supporto attivo degli alpini e dei loro deliziosi piatti. La Gioeubia è un fenomeno sociale.
Checchè se ne dica, l'inverno è una stagione fredda e porta alla chiusura delle porte, delle finestre e delle case. Questi anni, l'inverno in queste zone è tornato particolarmente rigido, passando dai -6 di Milano e provincia ai -16 notturni di alcune zone boschive, escludendo le zone montane e gli alpeggi ovviamente. La Gioeubia può simboleggiare l'uomo che torna ad aprire la porta del proprio essere per una nuova rinascita, l'uscita dal letargo emotivo che l'inverno - e la multimedialità ossessiva - portano nei nostri cuori.
La Gioeubia, aiutata dal calore del fuoco e dall'inebriante Vin Bruleè - per passare poi dalle ormai note virtù afrodisiache della polenta -, scalda gli animi e si ritorna alla socializzazione primitiva: quella fatta di sguardi, di voci, di contatto, di sorrisi e di profumi.
Quella socialità che stiamo inavvertitamente perdendo, ma che non vogliamo perdere.
La nostra tradizione.
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